“La stanza dell’orso e dell’ape” di Michela Franco Celani – Patrizia Miotto
Recensione di Lisa Molaro
Casa editrice: Ugo Mursia Editore (7 aprile 2011)
Pagine: 125
Copertina: Omar Carano
Camminavo, forse distrattamente, in un centro commerciale nelle vicinanze; ad un certo punto l’occhio mi è caduto sugli scaffali dedicati al bookcrossing e, inevitabilmente, mi ci sono avvicinata. Avevo già preso un paio di libri, quando la copertina colorata di “La stanza dell’orso e dell’ape” ha catturato la mia attenzione. Un orsacchiotto triste, dal contorno quasi ricamato a punto erba, se ne stava fermo mentre tre piccole api senza pungiglione gli svolazzavano intorno. Ho pensato subito a mia nipote, alla possibilità di farle un regalo. Ricordo di aver sorriso. Quando ho letto la quarta di copertina, però, l’idea di donare a mia nipote questa storia si è subito eclissata. No, non si tratta di letteratura per l’infanzia. Decisamente no. Ho portato a casa il libro, per me, e subito ho iniziato a leggerlo, ben consapevole del carico emotivo che avrebbe smosso.
In teoria, riducendo tutto il contorno, una bambina cresce, diventa adulta, si innamora, fa una figlia, la figlia va all’asilo, conosce nuovi amici, poi va alle elementari, alle medie, scarta i regali di compleanno solamente una volta all’anno, cresce a sua volta, si innamora e accudisce poi la madre.
In teoria. Nella realtà può capitare però – e non vorrei mai scrivere queste parole – che un giorno, magari un 11 dicembre anonimo immerso nei preparativi del Natale imminente, il telefono squilli. Attraverso l’etere scorre la fretta. Patrizia deve cambiarsi velocemente, togliere il pigiama e attraversare la città con il cuore in gola. Deve raggiungere l’ospedale. Deve raggiungere il suo punto di stop. Una doccia gelida, una mano che, quel cuore, lo stritola dentro una morsa di ferro. Patrizia è una ragazza madre. Le madri graffiano il vetro liscio, scavano nelle pietre più dure, scavano anche nel cielo… se serve.
Questo libro è ispirato a una storia vera. L’autrice, Michela Franco Celani, lungo le strade del destino ha incrociato Patrizia e tutti i suoi numerosi appunti disordinati, che annotava durante il periodo di malattia della figlia. A volte una parola sola, altre invece un’accozzaglia di frasi scritte di getto, con l’importante scopo di racchiudere l’emozione dentro l’inchiostro. La Celani ha raccolto nel suo cuore tutto questo dolore e questa speranza di vita o di abbandono “sereno” e l’ha magistralmente narrato all’interno di questo piccolo volume, rendendogli omaggi, sottolineandone la forza, evidenziandone l’importanza.
Diveniamo l’ombra di una madre che cammina nei corridoi, che conosce altre madri nella stessa condizione, che scatta per un niente davanti a una figlia dal carattere forte e, spesso, non facile da gestire. Viaggi di speranza, anche dal dottor Di Bella. Viaggi dentro e fuori dal proprio corpo e da quello della figlia. Fantasia, spiegazioni che fanno sorridere di tenerezza infinita, che ha stritolato il mio cuore ancor più del dolore, date a una bambina obbligata a rinunciare alla propria infanzia. I bambini dovrebbero solamente sorridere e giocare. Un libro importante. Questa è la storia di una mamma e della sua bambina. Anzi, di una ragazza madre e della sua bambina malata. Ma non è, non vuole essere, una storia pietosa. Assomiglia più a un bollettino di guerra dove si scontrano la vita e la morte, la speranza e la disperazione, ma anche la buona e la mala sanità, la solidarietà e l’indifferenza. È la storia che nessuno vorrebbe mai scrivere. E per questo qualcuno ha dovuto farlo.