Studio delle zecche canarie per l’allerta virus Crimea Congo
di Ilaria Vitali
La autorità sanitarie dell’Arcipelago Canario hanno iniziato l’analisi delle zecche che si trovano sulle isole per scongiurare il pericolo di diffusione del Crimea Congo, il terribile virus che è costato la vita ad un cittadino spagnolo, ha infettato l’infermiera che lo stava curando e ha reso necessaria una serie di controlli serrati su circa 300 persone potenzialmente a rischio.
Il genere di zecca portatrice del virus, la Hyalomma, è infatti ricorrente principalmente a Tenerife, Gran Canaria, El Hierro e Fuerteventura, benché al momento attuale, stando con quanto dichiarato dal Professore in Parassitologia e Direttore dell’Istituto di Malattie Tropicali Basilio Valladares, non si siano ancora verificati casi di contagio sulle isole.
Solo nel 2011 erano risultati infetti alcuni cervi infestati dalle zecche del genere Hyalomma, un caso che rimase isolato e che non destò particolare preoccupazione.
L’operazione di monitoraggio, aggiunge Valladares, è del tutto preventiva e non deve creare allarme ma si pone come azione necessaria per evitare un’eventuale diffusione della febbre emorragica nell’arcipelago.
L’infermiera colpita da Crimea Congo è tuttora in isolamento nell’ospedale madrileno Carlos III e le sue condizioni rimangono stabili; la convalescenza post febbre emorragica, per la quale non esiste cura ma solo medicinali di sollievo dei disturbi, risulta molto lunga e difficoltosa.
Valladares ha poi aggiunto che solo il 20% delle persone morse dalle zecche Hyalomma sviluppa la febbre emorragica, che appare inizialmente con rialzo di temperatura e dolori muscolari, anche solo dopo un giorno dall’esposizione.
Il caso spagnolo ha destato allarme nella comunità scientifica per la inusuale trasmissione del virus avvenuta tra essere umani, ovvero tra il paziente zero poi deceduto e l’infermiera ora ricoverata.
Il paziente zero era stato morso da una zecca durante una passeggiata in campagna e dopo alcuni giorni, al manifestarsi dei principali disturbi, era ricorso alle cure ospedaliere.
Le 300 persone sottoposte a controlli fanno parte per lo più del personale ospedaliero entrato in contatto con il paziente e con l’infermiera.