Tenerife alla ricerca della spiaggia perfetta
di Ilaria Vitali
La spiaggia è una questione di gusti: sabbia bianca, sabbia dorata, nera e con ciottoli o conchiglie.
Ma anche se dovrebbe essere la natura principalmente a deciderne la conformazione, con l’intervento umano è possibile, con i dovuti limiti, confezionare una spiaggia a piacimento.
Ma a che prezzo per l’equilibrio dell’ambiente?
Il Cabildo di Tenerife sta studiando il modo di migliorare e salvare le proprie spiagge dall’impoverimento causato dalle mareggiate, da correnti di deriva, dal vento e da eventi atmosferici importanti come le tempeste.
L’urgenza della rigenerazione delle spiagge canarie in generale è strettamente legata all’offerta turistica che l’arcipelago fa delle proprie bellezze naturali.
Già 40 anni fa si optò per trasportare direttamente dall’Africa la sabbia del Sahara per formare Las Teresitas e quella dell’importazione di sabbia straniera parrebbe una delle soluzioni prese in considerazione dalle autorità per garantire la salvaguardia delle spiagge di Tenerife.
La seconda opzione valutata dal Cabildo è quella di utilizzare le rocce basaltiche dell’isola opportunamente frammentate, soluzione molto più economica rispetto a quella dell’importazione diretta dal Sahara e già utilizzata in passato per Las Caletillas e Radazul.
Entrambe le opzioni, che non rispondono a capriccio ma a un’urgente necessità, non convincono un esperto, che afferma che è fondamentale rispettare le dinamiche della natura.
Pur consapevole dell’importanza di mantenere la competitività in tema di spiaggia, è necessario un intervento a basso impatto ambientale e soprattutto effettuato in modo graduale.
Il rispetto delle dinamiche naturali starebbe proprio nel mantenere il più possibile inalterata la distribuzione dei vari materiali sulle spiagge provocata dalle correnti e dalle maree.
Si propone come alternativa uno studio approfondito della dinamica di ciascuna spiaggia e la creazione, in base ai risultati ottenuti, di piccole dighe sommerse che, senza alterare l’ecosistema marino, condizionino la distribuzione e l’accumulo di sabbia o sassi.
Il lavorio continuo delle maree andrebbe comunque a minare i lavori di arricchimento artificiale delle spiagge canarie, rendendo gli stessi non definitivi.
In particolare la sabbia del Sahara ricca di granelli di quarzo sarebbe la soluzione economicamente più fallimentare ed ecologicamente la più disastrosa, visto che il minerale è del tutto o quasi assente nelle isole.
Infine la sabbia del Sahara potrebbe risultare controproducente per quell’immagine di autenticità tanto pubblicizzata dal Cabildo: la spiaggia omogenea non è caratteristica propria di Tenerife, che presenta invece diverse tipologie di coste.
L’utilizzo di sabbia fine autoctona presenta invece due problemi significativi: il suo massiccio recupero da sedimenti all’interno dell’isola procurerebbe un devastante impatto ambientale mentre la frammentazione delle rocce basaltiche costituirebbe una innaturale accelerazione del processo di erosione.
Le spiagge di Tenerife, diverse tra loro per composizione, ad eccezione di alcuni casi (Las Teresitas, Los Cristianos, El Duque, Puerto de la Cruz, Las Caletillas e La Nea) sono tutte naturali, condizione che, stando agli esperti isolani, sarebbe fondamentale mantenere.