Di Italiano alle Canarie
Secondo quanto apparso in un articolo di un periodico locale, le isole Canarie, un tempo rifugio accessibile per chi cercava qualità della vita a prezzi contenuti, stanno diventando uno degli angoli più inaccessibili del mercato immobiliare spagnolo. I dati del primo trimestre del 2025 parlano chiaro: sia Las Palmas di Gran Canaria (1.112 euro) che Santa Cruz de Tenerife (1.064 euro) si piazzano tra le dieci province più care di tutta la Spagna per quanto riguarda l’affitto di abitazioni. Un aumento che segna il superamento definitivo della soglia psicologica dei mille euro al mese.
Domanda alle stelle, offerta al minimo.
A rendere la situazione ancora più drammatica è la pressione della domanda, che non trova riscontro nell’offerta, posizionando queste province rispettivamente al terzo e al settimo posto a livello nazionale per livello di competizione tra inquilini. In pratica, ogni annuncio si trasforma in una lotteria.
Secondo il barometro dell’affitto pubblicato dalla Fondazione Alquiler Seguro in collaborazione con l’Universidad Rey Juan Carlos, la domanda continua a crescere mentre l’offerta di case in affitto si contrae. A livello nazionale si prevede una riduzione della disponibilità del 4,9% entro la fine del 2025, con un totale di circa 681.920 unità, ben lontano dal picco storico di 1,5 milioni. In regioni come la Catalogna o i Paesi Baschi – già dichiarate zone tensionate – si parla di un crollo del 12,5% dell’offerta solo quest’anno.
Effetti collaterali di un mercato distorto
Le Canarie non sono formalmente considerate zona tensionata, ma vivono già da tempo gli effetti reali di un mercato immobiliare distorto: residenze turistiche, affitti brevi, seconde case inutilizzate e politiche urbanistiche inefficaci stanno soffocando la disponibilità di alloggi accessibili. L’effetto? Una crescente esclusione abitativa per residenti, giovani, lavoratori precari e famiglie con redditi medi.
Nel frattempo, il prezzo medio nazionale degli affitti è salito a 1.146 euro, con un incremento annuo del 7,2% e trimestrale del 2,5%. Le Canarie seguono il trend, ma con un’aggravante: redditi medi ben inferiori rispetto a quelli di province come Madrid o Barcellona, il che rende l’impatto sociale dell’aumento dei canoni ancora più devastante.
In questo scenario critico, Las Palmas de Gran Canaria resta ancora in attesa di essere ufficialmente dichiarata “zona tensionata”.
Alla fine di marzo, diversi media locali avevano riportato le dichiarazioni del consigliere per le Opere Pubbliche, l’Abitazione e la Mobilità del Governo delle Canarie, Pablo Rodríguez, secondo cui l’Esecutivo stava analizzando l’affidabilità dei dati trasmessi dal Comune e valutando la possibilità di attuare misure straordinarie per arginare la crisi abitativa. Rodríguez aveva annunciato che la decisione definitiva sarebbe arrivata entro la fine di aprile, dopo l’esame delle relazioni tecniche richieste.
Ad oggi, 11 aprile 2025, tuttavia, il Governo regionale non ha ancora formalizzato la dichiarazione. Vale la pena ricordare che già nel gennaio 2025 il Comune di Las Palmas aveva inoltrato un dettagliato rapporto, segnalando che la città soddisfa tre dei quattro criteri previsti dalla legge statale sul diritto alla casa per ottenere tale riconoscimento.
Politiche assenti o inefficaci
Le autorità regionali e locali sembrano oscillare tra l’inazione e misure poco incisive, incapaci di affrontare la complessità della crisi abitativa. Manca un piano strutturale che includa incentivi alla locazione a lungo termine, la riqualificazione del patrimonio abitativo inutilizzato e un freno all’espansione degli affitti turistici nelle zone residenziali.
Emblematico è il caso di una delle proposte avanzate dal consigliere alle Opere Pubbliche, Pablo Rodríguez: fissare un tetto agli affitti solo per i nuovi contratti. La norma, ha precisato Rodríguez, non toccherebbe i contratti già in essere. Come riferimento, ha richiamato il caso della Catalogna, dove in alcuni comuni, tra cui Barcellona, questa misura ha prodotto un calo medio dei prezzi del 3%.
Ma in un contesto come quello delle Canarie, dove la crisi abitativa è strutturale, profonda e in rapida evoluzione, una misura così blanda rischia di essere percepita più come una misura di facciata che una reale risposta politica.
Il rischio concreto, è quello di trasformare le isole in vetrine turistiche inabitabili per chi ci vive. La pressione crescente, il numero spropositato di richieste per ogni immobile e l’assenza di politiche strutturate stanno rendendo l’accesso alla casa una chimera. La crisi dell’affitto alle Canarie è ormai un problema sistemico, che merita una risposta politica urgente e non bende e cerotti.