Di Italiano alle Canarie
Il governo delle Isole Canarie rompe gli indugi e si prepara a lanciare un’offensiva politica e legale senza precedenti contro la liberalizzazione sfrenata del mercato immobiliare. La miccia è accesa: il presidente Fernando Clavijo, nel corso di una conferenza ad alto livello tra la Commissione Europea e le Regioni Ultraperiferiche (RUP) in corso sull’isola francese di Réunion, presenterà una richiesta formale all’UE per imporre limiti agli acquisti di abitazioni da parte di non residenti.
Una proposta che suona come un grido d’allarme, quello che da anni si leva dai quartieri popolari, dai centri storici svuotati e dalle periferie turisticizzate, dove le insegne “Se Vende” scompaiono nel giro di pochi giorni, inghiottite da investitori stranieri con capitali freschi e residenza altrove.
Una richiesta storica, ma dal percorso complesso
È la prima volta che una richiesta così formale viene rivolta alla Commissione Europea, come ha sottolineato il portavoce del governo regionale Alfonso Cabello. L’Esecutivo canario punta a fondare la propria richiesta sull’articolo 349 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), che riconosce lo status speciale delle RUP Regioni Ultra Periferiche) territori remoti e fragili che richiedono misure specifiche di protezione.
Ma fino a che punto si può forzare il diritto europeo? La libera circolazione dei capitali è uno dei capisaldi dell’Unione e derogare a questo principio, anche solo limitatamente all’acquisto di immobili, implicherebbe una reinterpretazione delle regole comunitarie. Tuttavia, come ricorda Cabello, altre misure una volta considerate irrealizzabili, come la gratuità del trasporto pubblico o il 75% di sconto sui voli per i residenti, sono oggi realtà consolidate.
Emergenza abitativa: un mercato fuori controllo
Secondo i dati ufficiali, il 23% degli acquisti immobiliari nelle Canarie è oggi effettuato da non residenti. Una cifra che fotografa solo in parte la crisi: alloggi sempre più inaccessibili per i locali, gentrificazione dei centri storici, boom degli affitti brevi e una crescita demografica non accompagnata da un adeguato sviluppo urbanistico.
“Le isole stanno raggiungendo un punto di svolta”, ha dichiarato Cabello. In realtà, quel punto è stato superato da tempo. In molte aree, trovare un affitto sotto gli 800 euro è un miraggio. I giovani rimandano l’uscita di casa o scelgono di emigrare, i lavoratori del settore turistico affrontano lunghi spostamenti per raggiungere il posto di lavoro, mentre case lussuose restano vuote per mesi, in attesa del prossimo acquirente straniero.
L’Europa ascolterà?
Il vertice RUP a La Riunione riunisce i rappresentanti delle nove regioni ultraperiferiche dell’UE. È l’occasione ideale per sollevare problematiche comuni e chiedere maggiore attenzione da parte dell’Europa. Ma resta l’incognita: Bruxelles sarà disposta ad aprire una breccia nel muro della libera circolazione per proteggere territori come le Canarie?
Il governo Clavijo ha deciso di provarci, consapevole della difficoltà dell’impresa. Ma la posta in gioco è alta. Più che una misura economica, si tratta di un atto politico per difendere il diritto all’abitare e la sostenibilità sociale delle isole.
Se le Canarie riusciranno a farsi ascoltare, non sarà solo una vittoria locale, ma un segnale forte che anche le periferie d’Europa possono alzare la voce e reclamare un modello di sviluppo più giusto e a misura di cittadino.
Un finale già scritto?
L’impressione, tuttavia, è che anche con tutte le buone intenzioni, il piccolo arcipelago finirà schiacciato dalla mano pesante di un’Europa sempre più matrigna che madre, interessata più ad assecondare i profitti dei soliti noti che a garantire dignità e diritti alle proprie periferie. Che poi i canari vengano ridotti a mera forza lavoro a basso costo, afflitti da problemi cronici mai risolti da decenni, sembra importare poco a Bruxelles.
Ecco perché, pur apprezzando il coraggio dell’iniziativa, si ha la netta sensazione che essa sia destinata a fallire miseramente, salvo clamorosi e imprevedibili sviluppi — che i canari, naturalmente, si augurano con tutto il cuore. Perché qui non si tratta più solo di economia o di turismo, ma della sopravvivenza stessa di una comunità che rischia di essere trasformata in una riserva di manodopera sottopagata, senza voce né futuro.