Il SMI supera il 70% dello stipendio medio nelle PMI: crescita o trappola per i lavoratori?

L’aumento del Salario Minimo Interprofessionale (SMI) ha raggiunto livelli senza precedenti, superando il 70% dello stipendio medio percepito nelle Piccole e Medie Imprese (PMI).

Un dato che, se da un lato può sembrare un segnale positivo per i lavoratori a basso reddito, dall’altro rappresenta una minaccia per la creazione di nuovi posti di lavoro e la competitività delle aziende.

L’incremento del 61% dal 2018 ha superato la soglia raccomandata dalla Carta Sociale Europea (60%), mettendo in difficoltà le imprese, soprattutto nei settori a bassa produttività.

La Confederazione delle PMI (Cepyme) avverte che molte aziende sono costrette a ridurre le assunzioni o a chiudere a causa dell’aumento dei costi del lavoro.

Questa situazione, a parte il SMI che in Italia non c’è, sembra riflettere molto da vicino la situazione del bel paese,  dove il costo della vita cresce rapidamente mentre i salari medi restano stagnanti, portando a una crescente insostenibilità economica per lavoratori e imprese.


Il paradosso degli stipendi.

Sebbene l’aumento dello SMI possa far pensare a un miglioramento delle condizioni lavorative, la realtà è più complessa.

Gli stipendi medi sono rimasti stagnanti, crescendo di meno del 25% tra il 2008 e il 2022, ben al di sotto dell’inflazione e della crescita del SMI.

In altre parole, il divario tra il salario minimo e la media salariale si è ridotto non perché gli stipendi siano migliorati, ma perché il mercato del lavoro è bloccato.

Molti settori, come il commercio e la ristorazione, sono stati fortemente penalizzati.

Le PMI, con margini di profitto già ridotti, faticano a sostenere l’aumento dei costi salariali.

Secondo Cepyme, si sono persi 350.000 potenziali nuovi posti di lavoro a causa della pressione fiscale e salariale imposta dal Governo.

Lo SMI è davvero sufficiente per vivere?

Nonostante l’aumento, il salario minimo continua a non essere sufficiente per garantire una vita dignitosa in molte zone della Spagna. A Madrid e Barcellona, gli affitti superano facilmente i 1.200 euro mensili, rendendo impossibile vivere con uno stipendio minimo senza condividere l’abitazione.

Inoltre, il costo della vita è in continuo aumento. Energia, alimentazione e trasporti hanno subito rincari significativi, mentre le misure di sostegno ai lavoratori a basso reddito sono rimaste limitate.

Il risultato? Un salario minimo più alto che non basta per affrontare spese essenziali.

La beffa finale: la nuova tassazione sul SMI

A peggiorare la situazione, arriva l’ultima sorpresa per i lavoratori che percepiscono il salario minimo: la tassazione sull’IRPF.

Fino ad ora, chi percepiva lo SMI era esente dall’imposta sul reddito.

Con l’ultimo aumento, molti lavoratori supereranno la soglia di esenzione e dovranno iniziare a pagare le tasse, vedendosi ridotto ulteriormente il loro potere d’acquisto.

Questa misura, accolta con critiche da parte di economisti e sindacati, dimostra come gli aumenti dello SMI, senza adeguate riforme strutturali, possano trasformarsi in un boomerang per i lavoratori. Il rischio è che, nonostante l’aumento nominale, il reddito netto disponibile finisca per essere addirittura inferiore a quello degli anni precedenti.

Un falso progresso?

L’aumento dello SMI, sebbene presentato come una vittoria per i lavoratori, rischia di essere una trappola economica.

Il problema non è solo la crescita del salario minimo, ma l’assenza di misure strutturali per stimolare la crescita economica, migliorare la produttività e ridurre il costo della vita.

Senza riforme adeguate, il rischio è che lo SMI continui a salire mentre il potere d’acquisto reale dei lavoratori resti invariato, se non addirittura peggiori.

Un aumento che, lungi dall’essere un progresso, potrebbe rivelarsi una delle più grandi illusioni economiche degli ultimi anni in Spagna.

Anche in Italia, sebbene il tema del salario minimo sia ancora oggetto di dibattito, la mancanza di un adeguato equilibrio tra salari e costo della vita sta portando a un progressivo impoverimento della classe lavoratrice, confermando che il problema non è solo lo stipendio minimo, ma l’intero modello economico.

Di Italiano alle Canarie