Un mare di divieti

Un proverbio recita: “I burocrati non costruiscono ponti, ma erigono muri di carta”.

Ad Arrecife, la burocrazia ha innalzato tanti muri di carta da impedire alla città di recuperare il suo legame naturale con il mare.

Arrecife, capitale di Lanzarote, è bagnata dall’Atlantico, ma i suoi abitanti sono stati condannati a guardarlo da lontano.

Dalla spiaggia di La Concha fino al molo di Los Mármoles, si susseguono spazi inutilizzati, barriere artificiali e progetti incompiuti, trasformando il rapporto tra Arrecife e il suo litorale in una tragicommedia dell’inefficienza amministrativa.

Il fallimento dei progetti urbani


Il Parque Islas Canarias avrebbe potuto rappresentare una rinascita, un ponte tra la città e il mare. Tuttavia, il risultato è stato un pasticcio architettonico: un mostro di cemento e legno scadente che allontana invece di invitare.

Non un accesso accogliente, ma uno spazio dimenticato, dove fare il bagno sembra quasi un atto di ribellione.

L’Islote de la Fermina è l’emblema perfetto dell’assurdità burocratica: una piscina nel mare dove è vietato nuotare.

Una contraddizione che rasenta il grottesco.

Le normative, come in molti altri casi, non rispondono alla logica, ma a un’ossessione per le regole fini a se stesse, mentre la gente è costretta a cercare soluzioni precarie per godersi l’acqua.

Un mare inaccessibile

Il molo della Pescadería, un luogo ideale per un bagno con l’alta marea, rimane inaccessibile e non attrezzato. Un investimento minimo basterebbe per trasformarlo in un punto di ritrovo cittadino.

Eppure, mentre i fondi pubblici vengono impiegati in progetti di dubbia utilità e costosi, garantire l’accesso al mare resta un’impresa impossibile.

Il Parque Viejo è un altro simbolo di abbandono: le sue scale, corrose dalla ruggine e ricoperte di urina, accolgono chi tenta di avvicinarsi al mare.

Un riflesso del disprezzo istituzionale verso i cittadini, costretti a scegliere tra il degrado e la rinuncia.

Una speranza tra le macerie

La recente iniziativa del Comune di Arrecife per recuperare la spiaggia sepolta a La Boca del Muelle rappresenta un passo nella giusta direzione.

Restituire alla città un pezzo della sua storia potrebbe segnare un cambio di mentalità: Arrecife non può più voltare le spalle all’Atlantico.

Ma ogni volta che si propone un miglioramento nell’accesso al mare, si leva il solito coro di critici che invocano l’uso dei fondi per altre necessità.

Come se rendere il mare accessibile fosse un lusso elitario e non un diritto universale.

Riprendersi il mare

È il discorso di chi si nutre di mediocrità, di chi trasforma ogni progresso in un attacco personale e ogni opportunità in una minaccia.

È la mentalità del freno, del sospetto e della rassegnazione, che preferisce lasciare tutto nell’incuria piuttosto che riconoscere decenni di immobilismo e fallimenti.

Arrecife ha due opzioni: continuare a rendere omaggio alla burocrazia o recuperare la sua essenza marinara. Città come San Sebastián, Barcellona o Cadice hanno capito che l’accesso al mare è una questione di civiltà, non di privilegio.

Il mare appartiene a tutti, non al burocrate di turno.

Di Italiano alle Canarie