di Ilaria Vitali
Siamo rimasti al 18° secolo, non vi è dubbio.
Con la mente, si intende, non certo con i prodigiosi avanzamenti tecnologici che ci incollano agli smartphone per allargare le nostre amicizie, per non buttare il tempo mentre siamo in autobus e nemmeno quando camminiamo sul marciapiedi!
Ma la testa, quella…
Che gran confusione ottenebra i moderni (?) neuroni.
Come quando in fila al cinema smicciamo il tizio dietro di noi con ansia crescente: ha la pelle nera, questo proverà sicuramente a derubarmi o ad offrirmi della droga.
E quella donna con il burka che è entrata nel supermercato? Non è che mentre stiamo accuratamente scegliendo la marca della carta igienica si fa esplodere?
E l’indiano (magari cingalese o pakistano, ma che importa sono tutti uguali come i cinesi e i giapponesi) che si avvicina mentre cerchiamo di mimetizzarci dietro allo spritz, cosa vuole vendermi? rose? fazzoletti di carta? calzini di spugna?
Si stava meglio quando si stava peggio… la peggiore condanna era avere il dirimpettaio napoletano (o pugliese? o siciliano? mah, come per i cinesi: son tutti uguali, meridionali in odor di mafia sicuramente, che stendono i panni minacciando l’estetica del condominio-alveare scrostato e che urlano fino a tarda notte. E poi che si lavino tutti i giorni… anche questo è da vedere).
Non so in quale punto dell’articolo si sia formulata nella mente di qualcuno la parolina magica, quella che ci pone al di qua di una linea immaginaria, ben separati da un al di là dove il male trionfa ed è bene denunciarlo per sentirsi ancora più al di qua, più buoni: RAZZISTA!
Signori, vi do una ferale notizia: il razzismo è morto! almeno per quanto ci riguarda.
Innanzitutto intendiamoci bene sul significato della parola razzismo.
Razzismo è quando esiste il presupposto che vi siano razze inferiori rispetto ad altre.
È razzismo avere timore di essere derubati o fatti esplodere o è solo perché riteniamo che il nero e il musulmano siano inferiori?
E per l’indiano, il cinese e il meridionale? Sinceramente, potete definirlo razzismo o avete paura di pronunciare quello che è il vero sentimento, ovvero la paura?
Paura di morire, paura di essere disturbati, paura della diversità.
Ah ma signori miei, questo non è razzismo.
Il vero razzismo lasciamolo al 1700, quando ancora credevamo di essere superiori e quindi, gli altri, diversi, e indubbiamente inferiori, dovevano stare al di là della nostra linea immaginaria.
Linneo pubblicò nel 1735 “Il colore della pelle”.
Schiavi, indios e poi gli ebrei che avevano nel sangue il DNA di chi uccise Gesù, verso di loro era razzismo.
Il razzismo si perpetua con la discriminazione, la persecuzione per garantire la purezza e il predominio di una razza più forte.
Allora ve la dico tutta: non siamo più noi i razzisti!!!
Siamo noi le vittime di un razzismo che forse ancora qualcuno non ha colto.
Domandina facile: chi ci vuole eliminare perché inferiori, peccatori, infedeli, simbolo del decadimento?
Loro sono razzisti, quelli che ci falciano sulle strade in un momento di festa e che si fanno esplodere ormai un po’ ovunque, basta che ci siamo noi (ma anche se ci sono degli altri…), in congruo numero, meglio con bambini e donne, che fa più notizia.
E quindi, la prossima volta che un controllore sull’autobus chiede il biglietto a un ragazzo nero che non ce l’ha, anziché dargli del razzista, pensate a casa vostra, aperta e accogliente ma così tanto da invitare con tanto di tappeto rosso i veri razzisti.